In seguito alla pubblicazione del libro della Del Ponte, avvenuta appena un mese fa, Serbia e Russia hanno chiesto che il Tribunale per i crimini di guerra indaghi su questo episodio.
Il governo del Kosovo – guidato dall'ex capo della guerriglia Hashim Thaci – respinge le accuse; altri rappresentanti del mondo politico internazionale hanno accolto il racconto di Carla Del Ponte con scetticismo. Dal canto suo, Carla Del Ponte tace. A chiedere il silenzio all'ex procuratrice, oggi ambasciatrice svizzera in Argentina, è stato il governo elvetico.
Nel libro, pubblicato in Italia e in Svizzera, Carla Del Ponte descrive la visita dei suoi investigatori ad un edificio situato in Burrell, una regione montagnosa dell'Albania. In un casolare trasformato in clinica sarebbero stati rinchiusi 300 serbi catturati dall'esercito di liberazione del Kosovo e trasportati oltre il confine con l'Albania nel giugno del 99.
Secondo i testimoni – tra i quali ci sono una persona che afferma di aver trasportato degli organi all'aeroporto di Tirana e un gruppo di giornalisti anonimi – le vittime sono state prima private dei reni e poi uccise per provvedere all'espianto di altri organi.
Nell'edificio, gli ispettori delle Nazioni unite hanno trovato degli strumenti medico chirurgici e tracce di sangue, ma non hanno potuto stabilire se si trattasse di sangue umano.La maggioranza delle vittime sarebbero stati uomini serbi del Kosovo. Ma ci sarebbero state anche donne kosovare, albanesi, russe e provenienti da altri paesi slavi. Altre fonti dicono che gli organi avrebbero preso il volo per
L’ex procuratrice ha denunciato un muro di Gomma delle forze internazionali che hanno impedito al Tribunale di produrre prove certe contro i vertici dell’Uck, molti dei quali sono finiti nelle istituzioni del nuovo Kosovo con ruoli chiave. Alcuni, addirittura dopo aver fatto uccidere testimoni albanesi che li incriminavano per i più feroci atti di violenza che si possono commettere ad un essere umano.
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